Qualche tempo fa Eugenio Benetazzo, illustre economista, operatore indipendente di borsa, laureato in Economia Aziendale, è approdato a Zevio per parlare dei suoi punti di vista sull’attuale situazione economica italiana e mondiale, in un incontro dal titolo “La crisi del debito sovrano”.


Sono consapevole che questa materia non è proprio alla mia portata, ma presumo che non tutti gli italiani siano propriamente laureati in economia, e per questo voglio offrirvi quanto sono riuscita a portare a casa..

Inoltre salterò la parte storica che ci ha condotti a questa crisi, cercando invece di vedere cosa si può e si deve fare.


Brillante, grintoso, scanzonato e sicuro di sé: queste le prime carte messe in tavola da Eugenio Benetazzo, carte che col senno del poi sono perfettamente in linea col suo punto di vista, come vi spiegherò in seguito.


La prima cosa che ha sottolineato è l’assenza, giustificata ma reale, di risparmio che considera base imprescindibile su cui fondare e costruire il benessere: e questi sono tempi in cui proprio NON si può risparmiare, tanto meno se si è giovani;

la seconda è il calo demografico, tipica espressione di una società benestante, ma che implica un’assenza di bisogni da soddisfare nel prossimo futuro (moda, cura della persona, sport, divertimenti, casa, matrimonio, figli ) con il risultato di non avere forze trainanti rinnovate per il rilancio dell’economia, supponendo che i più anziani abbiano già realizzato i loro obiettivi o che comunque non abbiano più interesse a perseguirli.


Questo dovrebbe spingere i più giovani a riflettere e a ingegnarsi nel tentativo di realizzarsi come imprenditori o lavoratori e comunque come risparmiatori.


A fronte di una concorrenza mai avuta prima di paesi cosiddetti emergenti, nei quali si arriva fino ad un 70- 75% di popolazione sotto i 30 anni, libera da indebitamenti dello stato, che risponde alle caratteristiche appena citate, che è stata capace di imparare bene dai produttori più avanzati, che si pone sul mercato con un costo inferiore del lavoro e con l’ inesistenza - o quasi - di regole a tutela del lavoratore e dell’ambiente, a noi cosa resta da fare?


A noi resta la necessità di identificare questo periodo NON come un’epoca di crisi, ma di metamorfosi, durante la quale ogni cosa appresa in precedenza può ricongiungersi in un nuovo progetto, con l’opportunità di cambiare, di reinventarci, di osservare la situazione e di muoverci solo una volta che l’abbiamo riconosciuta e quindi, in un certo senso, “addomesticata”.


Cosa significa questa affermazione? Ad esempio che dobbiamo ritrovare la nostra identità produttiva: ossia, come dice Benetazzo, “se sappiamo fare qualcosa di specifico che possa smarcarci, facciamolo meglio!”, perchè sono troppi i paesi di frontiera pronti a soppiantare il prodotto italiano non specifico.

Ed ecco perchè dicevo che Benetazzo si propone in linea col suo pensiero: è un “prodotto”, si accetti il gioco di parole, specifico e unico: probabilmente senza un altro competitor della stessa qualità e quindi in grado di restare sul mercato!


Tornando a noi, dobbiamo ad esempio, trovare il coraggio di disinnamorarci dell’impresa di famiglia o dell’attività iniziata 20 anni fa: un’attività, per essere imprenditoriale, deve rispondere a determinate caratteristiche: conoscere il mercato, capirne le potenzialità, avere personalità rispetto alla concorrenza e avere margine.

In assenza di questi requisiti, è meglio chiudere.


Per comprendere, e di conseguenza accettare un’affermazione così inflessibile, bisogna rendersi conto che se una volta il mercato era concorrenziale (flessibilità, andare incontro al cliente con sconti o con modalità di pagamento) ora è competitiva: o sei in grado o soccombi, soprattutto se sei piccolo e solo .

Rimane comunque un’alternativa: quella di fare rete tra i piccoli, mantenendo però un’individualità o anche di sfruttare la rete informatica.


E sebbene si comprenda che internet può essere una grande porta di espansione commerciale, pur senza avere punti vendita locali o rappresentanti, che la pubblicità che si fa attraverso questo strumento non è dispersiva ma mirata al target di riferimento che viene scelto, che siamo comunque monitorati nei nostri interessi e bisogni anche solo usando i social network, è emerso nella sala conferenze che i più non conoscono uno strumento necessario a questa finalità: il SEO : ossia il Search Engine Optimizer.

Che cos’è? E’ uno strumento che permette alle piccole e medie imprese di mettersi in una posizione di rilievo all’interno dei motori di ricerca e di acquisire visibilità.

Cercate questo acronimo, SEO, in internet: troverete diversi suggerimenti utili e funzionali. Provate.


Tra le altre cose, apparentemente sconcertanti che Benetazzo ha sciorinato con semplicità e leggerezza, c’è la buona notizia che la perdita delle migliaia e migliaia di posti di lavoro stile old economy si sta via via rimpiazzando con nuove figure lavorative.

L’altra grossa notizia, difficile da accettare per i più, cresciuti col mito del pezzo di carta, è che si rende necessario riconoscere che determinate facoltà universitarie non sono più funzionali al mondo del lavoro, e per l’arretratezza dei programmi e degli insegnamenti

-quando non dei docenti stessi - e per la lungaggine anacronistica del conseguimento di un ruolo all’interno delle dinamiche del mercato del lavoro stesso.

Come dire che certi ruoli diventano obsoleti senza mai essere attuali!


Oltre a questi argomenti, Benetazzo non ha scordato di dare qualche suggerimento che dovrebbe raggiungere altre sfere e non solo le orecchie dei cittadini!

Partendo dal presupposto che meno soldi girano all’interno di uno stato e meno questo stato ha un ruolo all’estero, sottolineando che non abbiamo più marchi interni così forti da permetterci un rilancio, ricordando che per poter fare riforme significative in Italia bisognerebbe togliere privilegi acquisiti e consolidati, propone l’introduzione del “doppio euro”: più forte nelle aree più forti e più debole nelle aree più deboli, propone la riduzione della burocrazia (con il risparmio conseguente che può essere più che significativo) e della spesa pubblica in genere, raccomanda la libertà di licenziare qualora ci siano problemi con un dipendente, ferma restando la necessità di una nuova assunzione, poichè, a suo avviso, nessun imprenditore sarebbe tanto sciocco da lasciarsi scappare lavoratori validi e strategici per la propria azienda; ricorda che se, al di là di falsi moralismi, la prostituzione fosse controllata e tassata, si otterrebbe un gettito immediato ragionevolmente ipotizzabile di 20/25 milioni di euro, cui aggiungere un notevole risparmio di spese sanitarie... e ancora ribatte sulla politica del fare bene ciò che meglio sappiamo fare, cosa valida per ciascun paese nel proprio genere.


Alle cose dette fin qui, Benetazzo aggiunge che spera in un decreto di sviluppo che rilanci, dopo 20 anni, la politica industriale italiana invogliando gli investitori stranieri a tornare.


E come sempre, anche questo relatore conclude con l’invito ad agire in prima persona, ad ingegnarsi, a non farsi sopraffare, a non aspettare che altri decidano sempre per noi e allerta i giovani a tener d’occhio le amministrazioni perchè quando si generano inefficienze sull’apparato pubblico, sono le tasche INDIVIDUALI a farne le spese.


Anche questa volta ho cercato di condividere con voi quello che ho ascoltato perchè si manifesti in noi il desiderio di essere partecipi alle nostre Vite!