NESSUNA VIOLENZA!
per ascoltare l'intervento completo contro la violenza sulle donne (e non solo)
del 30 marzo 2012 tenuto al Circolo degli Ufficiali cliccare sotto la foto
Testo da cui è poi emersa la chiacchierata registrata:
Quando mi è stato chiesto di intervenire sull’argomento “violenza
sulle donne”, la prima cosa che ho cercato di chiedermi è cosa sia
la violenza sulle donne, quali origini e quali forme abbia.. ma allo
stesso tempo mi sono resa conto che mi è difficile trattare questo
argomento, perché per il mio sentire, la violenza è violenza, sia
essa ai danni di bambini, di donne, di etnie, di vicini di casa, di
nemici ideologici, di esponenti di religioni diverse...anche di animali
La seconda è stata quella di cercare di non essere scontata o
banale nel cercare risposte o fare proposte...
Ho valutato, ad esempio, che non si possono conoscere tutte le
forme di violenza che vengono attuate perché, anche in questo
doloroso aspetto della vita, ogni cultura ha le sue “sfumature”, se
così le vogliamo chiamare, condite magari da perversioni
individuali.
Tuttavia, non posso esimermi dal percepire quanto ci accade
intorno. E’ impossibile non pensare ai fatti più eclatanti quali la
violenza domestica, lo stalking, l’omicidio, lo stupro che peraltro
considero doppiamente grave, dal momento che è qualcosa che poi
ci accompagna giorno per giorno, come passeggiare con la nostra
gemella morta costantemente a fianco...
Avete mai pensato però, che quando si guarda la televisione, questi
fatti sono propinati con la stessa frequenza dei caffè al bar? Avete
mai pensato che la parla “normale”, che spesso usiamo, non è
affatto sinonimo di “giusto”?
Io ho la netta impressione, invece, che “rientri nella norma” una
azione che viene ripetuta in modo assiduo, fino a scivolare nella
connotazione di “accettabile”, “ammissibile”... Salvo poi indignarci e
scandalizzarci quando questi stessi fatti si incontrano nelle vita
reale....
Avete mai letto “Cattiva maestra televisione” di Popper? Una delle
massime riportate in copertina sottolinea che se la televisione non
avesse lo strapotere che ha, nessuna azienda sarebbe così
sprovveduta da spendere migliaia e migliaia di euro in pubblicità!
Dunque? Qual’è la conclusione? Certo, non tutto il male nasce dalla
televisione, ma queste immagini, così familiari, così quotidiane, così
domestiche, così ampiamente ripetute e incontrastate, alcune di
fantasia e altre di cronaca, finiscono per rientrare appunto nella
normalità, e di conseguenza nel vivere quotidiano.
Diventa normale picchiare una donna, stuprarla, mostrarla...
Non dico nulla di nuovo se parlo di filmati trasmessi dai telefonini o
scaricati in internet!!
Non voglio dar spazio all’educazione alla violenza, ossia a quel
gioco perverso del ”ti racconto qualcosa, tu immaginala, e magari
falla anche tua: forse un giorno la potrai usare e addirittura
perfezionare”, come fanno solitamente telegiornali e stampa.
Preferisco usare il nostro tempo in modo più propositivo e
costruttivo: meglio cercare, se non soluzioni, quantomeno intenti
volti a contrastare questo deprecabile fenomeno.
Personalmente ritengo che ogni forma di violenza abbia due aspetti
di fondo che si sostengono reciprocamente: l’incapacità di
riconoscere l’altro come simile a sé in quanto essere vivente al di là
di qualsiasi altra classificazione e il riconoscere, come dicevo,
“normali” determinati comportamenti.
Comprendo che il mio pensiero e il mio approccio non possono
offrire risultati immediati per creare una controtendenza
significativa, ma è altrettanto vero che la violenza, specie quella
non manifestata in forma brutale, non può essere fermata dalla
legislatura. Si talvolta sarà punita, ma fermata no!
Platone affermava: E' più virtuoso l'uomo che obbedisce alla legge
interiore, piuttosto che l'uomo che obbedisce perché ha paura della
punizione della legge.
Perché faccio questo riferimento? Perché questo è il mio approccio
di fondo: una formazione, un’educazione, scolastica e non solo, alla
percezione dell’altro come essere simile a me, in grado di gioire,
soffrire, sognare, sperare, lottare, ma alo stesso tempo distinto da
me e certamente degno di rispetto. E la violenza non troverebbe più
spazio per essere!
Un esempio leggero, sul nostro pensare nella “normalità”: quanti di
noi, uomini ma anche donne, sono pronti a fare battute su una
ragazza dal seno prosperoso, o sexy, o troppo giovane o troppo
vecchia rispetto al proprio compagno o semplicemente straniera?
Accettare, condividere, ridere di queste cose, può sembrare
innocente: è comunque una manifestazione del pensiero comune,
dell’idea corrente, e rimane in ogni caso una mancanza di rispetto
verso la donna, che sedimenta nelle nostre menti fino a sfociare in
espressioni del tipo “se l’è cercata, se l’è voluta”, mettendo a tacere
ogni forma di sana indignazione.
E giudicare l’aspetto di una persona? Questo giudizio che a volte è
espresso e a volte è sottinteso, ma che fa comunque sentire
imperfetti, inadeguati, insoddisfatti di sé, non è già una forma di
violenza? Non nasce dall’idea astratta e assurda che l’altro valga
poco o niente perché lontano da una presunta perfezione che non
esiste? Sentirsi in dovere di dimagrire, farsi plastiche, indossare
calzature scomodissime per ritenersi accettabili o adeguate, non è
sottostare a una silenziosa violenza?
E se potrebbe essere relativamente “facile”, formare al rispetto e
alla non violenza le nuove generazioni resta il grosso scoglio di
trasformare un ambiente sociale rigido, preconcettuoso ed
egocentrico: chi di noi, davanti ad un momento di frustrazione o di
impotenza non ha mai aggredito verbalmente la persona che aveva
accanto? Presumo tutti. Quanti invece spiegano con calma e
verbalmente il proprio sentirsi fragili, inadeguati, non all’altezza per
quello specifico momento?
Diventa quindi una grande ipocrisia trattare gli altri, e fra questi la
donna, con superiorità, salvo poi lamentarci che siamo in un mondo
violento e senza valori.
Quindi non ci resta che sfidarci ad essere rivoluzionari nella mente.
Siamo tutti in grado di imparare ad assumerci la nostra parte di
responsabilità nella trasformazione di questa società: certo però
che questo comporta impegno in prima persona, comporta
osservare i propri pensieri e fermarsi un attimo a chiederci perché
facciamo determinate cose e trovare per esse nuove abitudini
alternative.
Dunque, «Dobbiamo essere il cambiamento che desideriamo
vedere», come affermava Gandhi, perché la società, ricordiamolo,
è la somma degli individui, cioè si manifesta secondo la somma
delle nostre azioni.
A volte certi esempi sono scontati, ma funzionali: vi ricordate negli
anni 70/80 quante cabine telefoniche c’erano in giro? Un bel giorno
vi siete guardati intorno e, sorpresa!, non ne avete trovata più
nessuna. Nessuno si è messo d’accordo col proprio vicino di non
voler più vedere cabine in giro: semplicemente ciascuno,
individualmente, ha fatto la sua scelta acquistando il telefonino, e
ha influenzato il tessuto sociale al cambiamento. Questo è ciò che
possiamo fare anche contro la violenza.
Sapete come Gandhi insegnava a focalizzare le proprie tendenze
inconsce alla violenza? Si prendeva la briga di annotare ogni sera,
in due colonne separate, la azioni di violenza fisica e passiva viste
durante il giorno...comprese le proprie! Consigliava di osservarne la
relazione perché tra la violenza passiva e fisica c’è una relazione
intima, come quella tra benzina e fuoco: dobbiamo avere ben chiaro
che la frustrazione, la disperazione, il sentirsi inferiori, generati
talvolta anche solo dall’insulto o dalla derisione, genera rabbia , che
può benissimo scaturire in aggressione!
Vi chiederete, forse, perché io continui a parlare di violenza in
generale e non specificatamente di quella sulla donna, perché non
punti il dito su nessuno.
Non posso, perché tutti noi, nessuno escluso, possiamo fare
qualcosa di diverso!
Possiamo scegliere di dire più buongiorno; di sorridere guardando
in faccia le persone, anziché attraversarle come fossero trasparenti
o abbassare lo sguardo quando incontriamo qualcuno; possiamo
scegliere di dire “come stai?” e soprattutto di ascoltare la risposta;
possiamo decidere di chiedere se serve aiuto e agire di
conseguenza... faccio un piccolo esempio: pochi giorni fa, orario di
punta, 2 donne in panne in circonvallazione. Io e il mio compagno
dietro di loro. Io con le stampelle per fortuna non potevo spingere,
ma lui è sceso. Non a caso ho detto “per fortuna”: ho dovuto fare
loro da scudo con la macchina, perché potessero attraversare
incolumi la strada: oltre a noi, nessuno ha rallentato e tanto meno si
è offerto di dare una mano. Tutti strombazzavano e, infastiditi,
passavano a pelo di queste tre persone. Io e il mio compagno
sappiamo che in quel momento abbiamo fatto la differenza.
Abbiamo ridotto l’ansia e lo scoraggiamento di quelle due donne.
Abbiamo offerto loro l’opportunità di provare dentro di se’ un senso
di gratitudine che smorzava proporzionalmente anche la loro rabbia
di non essere comprese nella difficoltà.
Sono anche certa che qualcuno, distratto, si sarà reso conto della
situazione in un secondo tempo, e avrà pensato che un’altra volta
potrà fare altrettanto.
Credo di avervi dimostrato che possiamo imparare tutti a fare la
differenza. Abbiamo la possibilità di scegliere sempre quale segno
lasciare in chi ci è accanto, a prescindere che venga o meno
recepito in modo immediato. In ogni caso, un atteggiamento aperto,
una parola gentile, un attimo di ascolto, sono già espressione di
nonviolenza attuabile nel quotidiano.
E fino a qui, le mie parole valgono per tutti. Ma c’è chi può fare di
più. Sono gli insegnanti e determinati professionisti della
comunicazione: queste persone hanno una responsabilità ancora
più grande, perché hanno un ruolo maggiore nella formazione delle
persone.
Un insegnante che si impegni ad essere il migliore possibile, che
insegni il valore dell’individuo, che si impegni a dialogare con i
ragazzi, anziché a giudicarli e basta, che si ricordi che il programma
è importante, ma la persona viene prima, otterrà due grandi risultati
contemporaneamente: allievi sereni e bendisposti
all’apprendimento. E l’essere bendisposti all’apprendimento, apre, a
rosa, altre possibilità. L’istruzione permette di allenare la mente al
pensiero, permette di essere curiosi e conoscere, permette di fare
confronti e scegliere, permetta di capire che nulla è ineluttabile,
permette di prendersi in mano e costruire la propria vita secondo le
proprie inclinazioni, permette di scegliere lavori che possano a loro
volta essere dignitosi se non preziosi per sé e per gli altri, permetta
di trovare strategie per proteggersi qualora fosse il caso...
Quindi vi rinnovo il mio costante e paziente invito a non perdere mai
l’occasione di fare ciascuno la nostra parte, e noi donne, proprio
perché donne, madri e compagne, abbiamo, a mio avviso, come
sempre, il compito di essere ancora più attente e presenti alle
nostre azioni!