Ma siete proprio sicuri di volervi beccare un’altra puntata di Bastiàn Contrario?
Voglio dire, non vi sono ancora scomoda abbastanza?
Non siete obbligati ad ascoltarmi, lo sapete, vero?
Nemmeno voi della Ciurma, lo siete!
Nemmeno il vento che imperversa fuori con la sua neve, scenario perfetto per questa
puntata
Oggi, dove vi porterò con il mio bordeggio? Da dove partiremo, ma soprattutto, dove
approderemo tra racconti, riflessioni e considerazioni?
Salite a bordo, aprite il cuore e lasciate alla deriva i pregiudizi...
Avete mai notato che la Vita ci porta spesso esperienze simili tra loro a ondate?
Ecco, questa volta nella mia Vita mio malgrado mi trovo a rimbalzare tra dolorose
esperienze di malattia.
La malattia, la malattia grave, è di per sé causa di sofferenza, ma come in tutte le cose,
sono molti gli aspetti che possono rendere la medesima situazione più o meno amara.
Ok, vi anticipo che la puntata di questa settimana, si preannuncia piuttosto pesantina e
impegnativa, parlerà di Vita e di Morte, a farci da monito che la Morte non esisterebbe se
non ci fosse la Vita, a ricordarci comunque che come cantava Guccini: “Quel vizio che ti
ucciderà non sarà fumare o bere,!ma è qualcosa che ti porti dentro,!cioè vivere”.
Non amo generalizzare, lo sapete, perciò anche in questa puntata, pur facendo degli
esempi, vorrei che fosse chiaro che, per quanto reali, sono solo esempi circoscritti,
riflessioni che vorrebbero essere un invito a fare poi le proprie considerazioni e ad agire
secondo quello che potremmo definire il proprio personale potere, sia che a farle siano
Medici sensibili, sia che si tratti di malati che decidono di diventare in un certo senso
protagonisti della propria guarigione o antagonisti della propria malattia.
Io non so - né potrei dire - come mai alcuni Medici si comportino in un certo, doloroso
modo con i propri Pazienti, dimostrando una così grave carenza di Umanità da portare in
secondo piano persino le presumibili capacità professionali.
Non posso dire se il loro comportamento sia dettato proprio da caratteristiche personali, o
dall’aver intravisto nella professione medica facili guadagni senza avere la cosiddetta
vocazione, o se sia un’eccessiva sensibilità difficile da gestire, o se cercano di proteggersi
dalla sofferenza di non poter risolvere casi troppo gravi, o se l’infelice situazione in cui si
trovano a dover lavorare li spinga ad essere particolarmente freddi o se sia, al contrario,
un disperato senso di impotenza davanti alla gravità di certe situazioni a renderli così
superficiali e privi di empatia, ma certi loro comportamenti sono davvero a dir poco
sconcertanti...
Come dicevo, in questo periodo, la frequentazione con la malattia mi è particolarmente
ricorrente e vicina: diventa naturale stazionare in sale d’aspetto e palare con altri Pazienti,
Pazienti oncologici o loro familiari.
Non credo serva ricordare che questo mostro che aleggia sulle nostre Vite ci angoscia
praticamente tutti, consapevoli che potremmo essere le prossime vittime dei suoi artigli...
Inutile dire che chi ne è colpito, combatta si la malattia, ma alternando momenti di
coraggio ad altri in cui la paura diventa più grande e forte.
Ma come siete voi, quando state male fisicamente?
Non capita anche a voi di avvertire la necessità di essere rassicurati, protetti, di venire in
qualche modo “messi al sicuro”?
Non vi sentite anche voi un po’ come bambini in balia degli eventi ma rasserenati dalla
presenza di qualcuno su cui poter contare senza remore?
E com’è, quando invece vi sentite soli, abbandonati se non addirittura respinti dalla fredda
incomprensione di chi si titola di essere lì per curarvi?
Seduta in sala d’aspetto, accompagnando un’amica, sentivo un Signore lamentarsi che la
chemio gli aveva dato reazioni allergiche importanti, fino ad uno shock anafilattico bloccato
quasi per un colpo di fortuna...aggiungeva anche che, malgrado l’evidenza, i medici
avessero negato questa possibilità...
Si aggiungeva un altro: “ io sono stato mandato a casa quattro volte dal pronto soccorso,
dopo la radioterapia: avevo dolori terribile, il ventre smodatamente dilatato eppure... mi
veniva risposto: “Ancora qui? Non ha ancora capito che non ha niente? Torni a casa...e
intanto il mostro mi aveva agguantato di nuovo ...”
Faceva eco qualcuno che raccontava di come un caro Parente fosse venuto a mancare
per la mancanza di sollecitudine e tempestività da parte del personale medico, ma che a
nulla erano valsi i tentativi di denuncia per incuria e inadempienza...
Ora, facciamo un po’ di considerazioni e di resoconti: innanzi tutto, i Malati non sono degli
sprovveduti e la malattia oncologica, in modo diretto o di riflesso ormai appartiene in
misura variabile alla conoscenza collettiva di massa. Perché trattare queste Persone, già
colpite da qualcosa più grande di loro, spaventate dai più tragici scenari che la loro
fantasia offre loro, come se la malattia non li riguardasse? Ho notato che spesso, troppo
spesso, si tende ancora a cercare di raccontare una marea di cavolate, nascoste da
paroloni o da similitudini di sintomi che però poi evolvono in maniera non coerente.
Facciamo anche un’altra considerazione: questo è un male che ama prenderci in
contropiede: quando si rivela...è come se fossimo già in ritardo rispetto alla sua corsa...
Io non voglio condannare un medico o un’impiegato se, come purtroppo o per fortuna è
normale che accada tra persone legate da amicizia o collaborazione, chiede un favore e
magari ottiene una visita in tempi brevi o il primo spazio reso libero da un appuntamento
che salta, ma forse è proprio per questo che i Medici dimenticano quanto si amplifichi la
paura, l’angoscia, il senso di impotenza e magari la resa di fronte a qualcosa che diviene
giorno dopo giorno più potente per chi invece viene semplicemente e meccanicamente
messo in lista d’attesa senza il minimo riguardo per l’oggettiva urgenza di certi casi.
Il Signore di cui parlavo, rifiutato ben quattro volte dl pronto soccorso, quanto tempo ha
perso nella sua battaglia? No, perché non vorrei essere banale, ma è la battaglia per la
propria vita!!!
Caspita ragazzi: c’è davvero in gioco la vita! e questi si permettono il lusso e l’arroganza di
sottovalutare il problema e posticipare arbitrariamente un esame approfondito di controllo?
Perdonate la franchezza, ma mi viene da chiedermi se sia stronzaggine o pietà male
esercitata: nel primo caso, la stronzaggine mi sembra evidente: noncuranza, mancanza di
attenzione nei confronti e della sensibilità e della gravità della situazione del paziente,
senza considerare che non siamo macchine e anche la cura, l’attenzione, la
comprensione, la partecipazione e l’empatia sono, e l’ho sperimentato!, parte integrante
della cura stessa, quando vengono manifestate! E nel secondo caso, riguardo questa
ipotetica pietà cosa diventa lecito pensare? Una sentenza già decisa ma non notificata al
destinatario? Cioè la negazione di ogni speranza e il posticipo della resa dei conti fino
all’ultimo momento per non atterrire il Paziente... o per non mettere in gioco la propria
difficoltà a sostenere quella paura, quelle lacrime, quella disperazione? E quindi, pietà per
chi? Per il paziente o per se stessi?
E a proposito di pazienti: ecco la parola che non dobbiamo più metterci addosso! Non
dobbiamo più chiamarci Pazienti, e tanto meno esserlo!
In questi casi si tratta di correre, di non darsi per vinti ma allo stesso tempo di non perdere
un solo istante, se si vuol tentare la battaglia definitiva col mostro che ci divora dall’interno!
E se i medici e il personale sanitario non sono solleciti dobbiamo ricordarci una cosa
fondamentale: a nessuno può stare più a cuore che a noi stessi la nostra stessa Vita!
Ci rendiamo conto che in definitiva, mettiamo la nostra vita nelle mani di sconosciuti?
Fosse che non si sente mai nulla di poco rassicurante in campo medico, o che tali notizie
fossero proprio rarissime eccezioni...ma purtroppo se ne sentono sempre di più...
Non possiamo, anzi, non dobbiamo riporre la nostra fiducia in modo acritico in chiunque si
nasconda dietro a un cartellino che riporta il titolo di dottore!
Siamo comunque noi che dobbiamo difendere la nostra Vita e pretendere con tutte le
nostre forze di essere curati come si cura un vivo, fino all’ultimo istante e non, perché
colpiti da tumore, come se si fosse già condannati a morte!
Se ci consideriamo e se riusciamo a farci trattare da vivi, l’impegno, la volontà, la tenacia
nel farci curare e nell’essere curati, saranno diversi, saranno più forti, più determinati...
E’ come quando si dice “non accetto un no come risposta”, ecco, “non accetto di essere
considerato morto fino all’ultimo respiro”.
Dobbiamo mettere in gioco tutte le nostre risorse, la nostra volontà, la nostra decisione, le
competenze dei nostri amici, chiedere apertamente che ci aiutino a informarci, a prendere
appuntamenti, a fare passaparola...e se serve ad aiutarci anche col denaro!
Tornando però alla premessa della puntata, vorrei proporre un bordeggio in
controcorrente: dicevo che quello che fa la differenza è anche la maniera in cui si affronta
una situazione.
So che sto per entrare in acque particolarmente profonde e delicate.
Comprendo perfettamente che sotto la pressione di un male che può essere letale, tutti i
parametri, i tempi, le priorità e le urgenze vengano capovolte e stravolte.
Ma paradossalmente, vi prego, non prendetela come una mancanza di rispetto o di
sensibilità, dicevo, paradossalmente c’è in tutto questo una contropartita immensamente
preziosa se si riesce a farla propria: quando si hanno, o si pensa di avere, i giorni contati,
sono certa che scompaia la confusione riguardo alle nostre priorità, che si possa avere
totale chiarezza su cosa e soprattutto su chi sia davvero importante e imprescindibile nella
nostra Vita, quale sia l’eredità di noi e il senso che i nostri giorni devono avere.
Vedete, anche se non ci piace pensarlo o prenderlo in considerazione, stiamo tutti
morendo, un po’ ogni giorno.
E’, come dicevo, connaturato alla vita.
Ma la presunzione di poter dilatare i tempi, ci fa quasi sentire immortali, ci fa credere che
la morte non ci riguardi, ci fa pensare che ci sia sempre un “dopo” in cui fare le cose che
non riusciamo a fare ora: scrivere quel racconto, leggere quel libro, fare quella vacanza,
passare del tempo con quei vecchi amici, recuperare tutte le volte che non abbiamo fatto
l’amore, dipingere quel quadro che ci è così chiaro nella mente, fare qualcosa di
indimenticabile per i nostri figli o nipoti...
Se abbiamo quei malesseri cronici, poi, quelli che con l’età si appiccicano come cozze ai
nostri giorni, come minimo ci ripetiamo “quando starò bene andrò, farò, dirò...” ...e intanto i
giorni passano, si muore un altro po’, e probabilmente non staremo mai più abbastanza
bene per fare quelle cose, a meno che non decidiamo di essere più forti e volitivi dei nostri
malesseri, a meno che non decidiamo che le persone cha amiamo contino più di quella
nausea, di quella vertigine, di quel mal di schiena...
Se sapessimo - se ci ricordassimo! - che l’appuntamento irripetibile della nostra Vita
potrebbe essere già lì all’orizzonte, ecco che supereremmo ogni ostacolo senza farci
trovare impreparati...
Ecco, per come la vedo e la capisco io, la differenza non sta nella nostra salute, sempre
che non ci sia già troppa sofferenza fisica, ma nel modo in cui ci relazioniamo con essa.
Di certo, cari Medici, un po’ più di partecipazione e complicità da parte di alcuni di voi,
potrebbe fare una gran differenza, perché più che la morte in senso stretto...è il modo in
cui ci sia arriva, è la sofferenza fisica e morale che, a seconda dei casi, può precederla.
Non siete tenuti a fare miracoli, quelli li fanno i santi e gli dei.
Vi chiediamo di essere Umani tra gli esseri Umani, accettando i vostri limiti, ma non quelli
del cuore.
eli the worst vi augura Buona Vita, attimo per attimo! e per gli appuntamenti vi affida al
resto della ciurma
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