Io vengo da un paese dalla provincia di Verona, o meglio da una contrada che era... una
via.
Per di più ho l’onere e onore, di essere nipote di una Gran Donna: la Maestra, quella
figura che nella prima metà dl ‘900 aveva ancora quel ruolo mistico e fascinoso durevole
nel tempo, indiscusso dai più, ma che sui suoi famigliari si riversava come il cono di luce
prodotto da un occhio di bue a teatro.
Indiscutibilmente tutti sapevano di ogni nostro respiro, di ogni nostro capriccio o originalità,
e per quanto si cercasse di scrollarsi di dosso quella ... referenza, non c’erano distanze e
travestimenti sufficienti a concederci quel respiro che ora chiameremmo privacy.
Il primo sguardo, il primo bacio, il fughino da scuola, la gonna troppo corta, il corteggiatore
del paese vicino... tutto passava al vaglio degli occhi indiscreti critici o affettuosi del paese.
Si, malgrado la pesantezza che potevo percepire a quel tempo, malgrado la sensazione di
avere sempre qualcuno che mi controllasse senza tregua, malgrado l’impossibilità di farla
franca dalla quale cercavo invano di divincolarmi...quel cicaleccio che mi accompagnava
aveva, come la Luna, un altro volto.
Era il volto di una Comunità, il volto che osservava con ammirazione, invidia o
recriminazione quelle che comunque erano le sue creature, quelle che malgrado
l’irriverenza appartenevano a quel nucleo complesso e affettivo come le dita appartengono
alla propria mano, il volto di chi, in ogni caso si occupa perché “se ne è parte”.
Queste considerazioni le ho maturate con l’età: quelle che vivevo come interferenze,
giudizi e limiti, ora profumano anche di piume di chioccia e le ricordo come protezione,
come abbracci, come tutele da pericoli peggiori, anche se non proprio consapevoli di
questa loro funzione...
Certo, devo anche riconoscere che essere la nipote della Maestra mi consentiva un buon
margine di tolleranza da parte dei compaesani, margine che probabilmente non sarebbe
stato concesso ad altre ...originali fanciulle.
Molti non hanno dimenticato gli abbracci un po’ troppo stretti delle Comunità nelle quali
“tutti si sapeva tutto di tutti”, e so anche che molti soffrono ancora di alcuni pregiudizi che
possono aver cambiato il corso delle loro vite o dell’indecenza di alcuni commenti... si era
ancora ai matrimoni riparatori, alle unioni di convenienza, alla vergogna per
l’omosessualità, e a tanto altro, ma anche il matto del Paese aveva un suo ruolo, un suo
spazio, così come la più bella o il ribelle di turno.
Comunque ogni cosa era filtrata e sommata da processori umani, ciascuno con i propri
aspetti emotivi, imprecisi, sentimentali, meschini, generosi...e talvolta, ahimè anche
potenti...ma ogni potere per quanto grande, aveva una territorialità limitata.
In ogni caso, la considerazione generale era che nessuno gradiva interferenze nei propri
affari, fossero questi sentimentali, sessuali, economici o di qualsiasi altre natura.
Ora la frittata - e scelgo frittata anziché medaglia, proprio per evocare l’idea di friggere! - è
capovolta.
C’è stato qualcuno che ha inventato e perfezionato qualcosa di meravigliosamente
oggettivo, neutrale, asettico, anaffettivo, non concorrenziale, indifferente a cui tutti ci
affidiamo: l’informatica e il web.
Se un tempo solo concedere il proprio numero di telefono significava essere disponibili ad
accettare una reciprocità di impegno, fosse di natura amichevole o sentimentale, ora il
nostro numero - e non solo quello - è alla mercé della rete.
Attraverso i social e gli strumenti informatici, forniamo a non meglio identificati server un
numero illimitato di informazioni che ci riguardano, senza nemmeno fargli fare la fatica di
cercare di carpirli, di comporli tra loro come parti di un puzzle, di intuirne i pezzi mancanti o
taciuti: pareri, gusti, posizioni etiche, politiche o fisiche, preferenze sessuali, aspetti
economici, bisogni, fragilità... tutto viene fornito spontaneamente e in modo completo.
So che sto parlando da una radio web, ma ormai, la mia scelta l’ho fatta: sarà stato
l’allenamento come nipote della Maestra sempre in vista, ma non ho mai nascosto il mio
pensiero e il mio modo di essere. Da questo punto di vista credo di potermi considerare
perennemente nuda, e quindi potenzialmente vulnerabile ormai da sempre.
Tuttavia, se dovessi iniziare oggi a usufruire della rete e se avessi preso più rapidamente
coscienza, non credo che mi comporterei nello stesso modo.
George Orwell mi era rimasto ben impresso, ai tempi della scuola...
Mi aveva quasi terrorizzato il suo totale e fantasioso controllo su ciascuna vita...ma
quante volte, ahimè , sono proprio gli scrittori ad anticipare la realtà? Non so dire se sia
una sorta di sensitività o di imprinting per i possibili futuri, ma so che spesso succede: una
visione, un’immagine e il tempo: ed eccoci immersi quella che da fantasia creativa si rivela
come inquietante realtà.
Ai tempi di cui parlavo io, ci sentivamo violati solo se qualcuno osservava l’orario in cui
rientravamo a casa, e ci si in alberava a difesa della nostro diritto alla libertà...
Ora no. Ora forniamo noi ogni sorta di informazione. Dalla più banale, come ad esempio
l’età, alla più segreta come il codice della carta di credito, alla più personale come il nome
della scuola dei nostri figli o pericolosa come far sapere a tutti quando la casa è vuota e
per quanto tempo.
Ciononostante, non è ancora quanto mi turba di più.
Eppure non mi ritengo una complottista, anche perchè il complotto è di per sé così
complesso...! Già si fatica a metter d’accordo tre teste, figuriamoci un’infinità...
Tuttavia...tuttavia... mi sembra di camminare sulle sabbie mobili, di scivolare su viscide
bisce che mi strisciano sotto ai piedi...
Se da un lato ritengo sinceramente che la privacy sia qualcosa che tutela solo chi ha
qualcosa da nascondere, se riconosco che una telecamera in un preciso luogo possa
essere un deterrente da azioni illecite o violente, dall’altra comincio a sentirmi incastrata,
costretta, avvinghiata, irretita.
A una persona a me cara, ad esempio, con un banale aggiornamento di un motore di
ricerca, si è avviata la pubblicazione on line di tutte le foto contenute nul suo telefono...
niente di grave alla fine... ma se fossero state le foto con la sua fidanzata, una donna che
era appena riuscita a rendersi irraggiungibile da un ex geloso e violento? Avremmo
assistito all’ennesimo femminicidio?
O se fossero state pubblicate copie di cartelle cliniche delicate, dati di quelle malattie che
è così difficile comunicare ai propri cari?
O foto del papà con la nuova fidanzata, prima che sia lui a presentarla ai figli?
O più romanticamente del regalo che si sta scegliendo per la propria mamma?
Insomma, non tutte le cose che non si vogliono far sapere hanno necessariamente dei
retroscena vergognosi o illegali...
Ma questa colla viscida me la sento proprio addosso...
Ogni cosa che passa attraverso un decoder, uno scanner, una tastiera, diviene
“tracciabile”. Per quanto nella mole dei contenuti presumo sia ancora difficile filtrare e
vagliare la qualità di ogni singolo caricamento, credo che sia invece molto ma molto facile
giocare all’insiemistica: “tutti quelli che sono sposati”, “tutti quelli che amano l’azzurro”,
“tutti quelli che parlano di pace” “tutti quelli che hanno la patente” “tutti quelli che amano il
metal” tanto per fare esempi banali e non slittare in parentesi politiche che distrarrebbero
dal punto....
Forniamo dati su dati, di ogni singola cosa che ci riguarda e non sappiamo dove vanno a
finire. O meglio, dove e come vengono archiviati! Non vanno a finire, restano! E se oggi io
penso una cosa, resterà presente illimitatamente! Non esisterà un’eventuale elaborazione,
una maturazione di quell’idea o un allontanamento dalla stessa a seconda dei casi:
resterà addosso come un tatuaggio, indelebile..
Mi ripeto che non c’è niente di male, che siamo in un’epoca democratica e che quindi la
libertà di pensiero e i valori di giustizia sono alla base della nostra realtà e tutelano ogni
diversità. Me lo dico, ma non ci credo davvero... Non ci credo e non mi fa sentire sicura
sapere che stiamo tutti fornendo dossier così completi e dettagliati di noi stessi...
E se avere quell’idea, improvvisamente, non fosse più così sicuro? Se prendessero piede
movimenti del tutto contrari o del tutto favorevoli a quell’idea?
E se accedendo a quei dati, questi venissero usati in modo tutt’altro che democratico?
Il guaio è che tutti abbiamo la tendenza a credere che le cose saranno sempre come le
conosciamo, mentre tutto è in mutamento e nessuno può sapere in anticipo che corrente
seguiranno gli eventi e i pensieri...
Purtroppo, anche guardando al passato, non si è mai visto nessun agnello travestito da
lupo: i giusti, i miti, i rispettosi... soccombono.
Sarà anche normale, nel senso stretto del termine, ma normale non contiene la radice di
“giusto”...
A me quel George Orwell, quello che Luca nel suo “Topos in Fabula” descrive così bene...
a me lascia ancora l’irrequietezza che lasciava a scuola, quel brutto senso di viscido sotto
i piedi e di grandi baratri nei quali scivolare, in nome, questa volta, di un’esposizione
continua e gratuita di noi stessi, vittime delle nostre vanità, della nostra pigrizia fisica e
mentale e di un’incosciente convinzione che il controllo e la punizione siano strumenti più
sicuri dell’educazione al rispetto...
A volte mi dico “Beh, dai, meno male che ho già una certa età...forse certe cose non le
dovrò vedere”!